Il “caso” di Sciacca

Dal sito di Sciaccaholidays

Tra storia e leggenda…

Dal 1459 al 1529  si colloca un evento passato alla storia come “il caso di Sciacca“, una storia di odio feroce che distrusse due nobili famiglie saccensi, quelle dei conti Luna e dei baroni Perollo, in cui furono coinvolti addirittura l’Imperatore Carlo V e il Papa Clemente VII. Lo scontro tra le due famiglie iniziò per le mancate nozze tra la bella e ricchissima Margherita Peralta e Giovanni Perollo. Il Re Martino volle le nozze tra Margherita e il conte Artale Luna contando, con questo, di assicurare alla corona l’appoggio dei Peralta, una delle casate più in vista di Sciacca.

Quando il conte Luna morì improvvisamente ed in circostanze poco chiare si pensò che la sua morte fosse stata opera del Perollo, che però smentì tale accusa fino al giorno della sua morte, avvenuta per cause naturali. I figli maschi del Luna e del Perollo raccolsero quell’eredità di odio che i loro rispettivi padri non avevano mai sopito e si ritrovarono puntualmente in disaccordo quando, nel 1454, Perollo fu costretto a cedere al Luna una proprietà alla quale teneva moltissimo. Così, durante la festa della S. Spina di Gesù, dell’Aprile del1455, nel momento in cui la processione, seguita dal Luna, era giunta fin sotto il palazzo del Perollo, quest’ultimo, sentendosi minacciato dalla presenza del suo rivale, aggredì il Luna insieme ad i suoi uomini, e, pugnalatolo più volte, lo lasciò in terra credendolo morto, ordinando ad i suoi uomini di calpestargli il volto … La vendetta del Luna, che era sopravvissuto al feroce attentato non tardò ad arrivare.

palazzo Perollo  Sciacca

Una volta ritornato in salute, radunato uno stuolo di uomini fedeli, si recò a Sciacca e diede fuoco al castello dei Perollo ed a tutte le abitazioni che si trovavano intorno ad esso, seminando terrore e distruzione. Nel 1529, l’odio tra le due famiglie tornò a riaccendersi a causa di un banale episodio, il corsaro dei Mori, Sericano Bassà, che in quel periodo infestava con le sue imbarcazioni i mari della Sicilia Meridionale, aveva fatto prigioniero il barone di Solanto, recatosi presso le coste di Sciacca, aveva alzato la bandiera del riscatto dando la possibilità ai nobili saccensi di riscattare il prigioniero … In tale circostanza accadde che la somma di danaro, offerta per il riscatto dal conte Luna, fu pubblicamente rifiutata dal corsaro che invece gradì molto le offerte del Perollo, che aveva saputo lusingarlo con l’invio presso la sua imbarcazione di sontuosi rinfreschi e con una visita di cortesia che il Perollo aveva deciso di effettuare personalmente. Tale episodio ferì fortemente l’orgoglio del Luna che si sentì umiliato da tutti coloro che, avendo assistito al suo fallimento nell’operazione di recupero del prigioniero, lo avevano schernito elogiando invece l’ingegno del Perollo nell’avere saputo ben gestire la situazione. Il Luna ritenne responsabile di tale umiliazione il Perollo; un odio atavico, mai sopito riprese vigore, fino al giorno che il Luna non decise di mettere a ferro e fuoco il castello dei Perollo e di uccidere il suo rivale. Perollo, che era in un primo momento riuscito a fuggire dal Castello venne tradito, ed in seguito ucciso. Il suo corpo, legato ad un cavallo, venne trascinato per le vie di Sciacca, nel Luglio del 1529, lasciando una tragica scia di sangue. Il Luna si recò a chiedere perdono al papa Clemente VII, che era suo zio, e all’imperatore Carlo V, che glielo negarono, data la ferocia dei suoi misfatti, e si uccise gettandosi nel Tevere.

Castello Luna Sciacca

Si conclude così una storia nella storia, uno spaccato di vita di quell’epoca in Sicilia, che ci aiuta a capire come a volte si scatenavano gli eventi e come essi nel tempo divenissero leggenda. In tutto questo a perdere veramente fu la città di Sciacca, che dai 35.000 abitanti del 1459 si era ridotta a 9000 nel 1529; da lì, il popolo di Sciacca cantò tristemente: “Casu di Sciacca, spina di stu cori / di quantu larmi m’ha fattu ettari! / Iddi si lazzariaru comu cani / di Sciacca ‘un ni rimasi ca lu nomu!

Dalla famosa contesa per il castello dei Luna fu tratto il romanzo in dialetto Siciliano ‘U casu di Sciacca” di Vincenzo Licata:

Quannu pensu a Pirollu pensu a tia,
a tia, politicanti novicentu,
chi metti focu ntra la compagnia,
chi fai campari un populo di vento.
E intanto mori di malinconia
l’amo di ngegnu c’avi sintimentu,
mentri nà cricca spuria e in disaccordo
lassa un paisi scunsulatu e lordu”.

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