Sulla torre saracena

D’estate mi porto alla torre,
che svetta su rocce d’ardesia,
mi lascio dietro il chiasso vacanziero
e la spiaggia dove le onde
s’abbandonano stanche.

Seguo il sentiero di agavi e ginestre
fin lassù, dove i gabbiani planano leggeri,
leggeri come le tese bianche delle suorine
ondeggiano lievi alle carezze del vento

D’improvviso s’apre l’azzurro delle tue acque,
odorano di terre lontane e di spezie,
m’inebrio del profumo d’alghe
e l’occhio appagato spazia
fra il bianco delle case e le strade del porto,
spazia fin dove tu, mare, ti unisci al cielo.

Tu, motore di civiltà,
tu, scrigno generoso, mi riporti
le greche melodie, i richiami dei marinai
e le luci delle lampare che continuano
languide il disegno delle stelle.

La tua potenza mi spaventa,
mi spaventi quando scateni le tue forze
e impietoso trascini tra i neri vortici
i miseri legni e le ultime speranze.

Ti amo quando calmo ti distendi,
quando come un cavaliere baci la terra,
ti amo quando culli fra spume di perle,
e, quando, incurante ti lasci
trafiggere da lame dorate di sole.

di Teresa Riccobono
_____

La poesia “La torre saracena” si è classificata tra le finaliste della sezione delle poesie in italiano con tema “Il Mare” del Premio Nazionale di Letteratura e Poesia “Vincenzo Licata – Città di Sciacca”, Edizione 2009.

spacer

Leave a reply